Tra umorismo e satira: donne americane e donne italoamericane nella narrativa di John Fante
Ma la differenza più grande è un’altra. La madre italoamericana non ha coscienza di ciò che vive, non sembra mai in grado di analizzare la realtà, di andare oltre i dati di fatto, è costantemente passiva fino all’ottusità, capace di alcuni scatti rabbiosi (quando in Aspetta primavera, Bandini aggredisce al volto il marito Svevo reo di tradimento) che però si riducono a istinti animaleschi a cui non segue un piano per modificare la realtà, una ribellione razionale, un cambio di direzione. È una donna nella Storia prima dell’emancipazione femminile: accetta il suo destino in quanto tale – destino di donna, figlia della miseria e del vecchio mondo – e trova rifugio in Dio. Harriet invece è totalmente conscia di ciò che vive, della mancanza di devozione dei figli, e non c’è Dio che possa aiutarla. Il prezzo dell’emancipazione sembra essere l’amarezza, un’amarezza lucida e consapevole, qualcosa che Maria Bandini non può provare. Maria Bandini può essere, sì, disperata o infuriata, poiché disperazione e furia derivano dai fatti e sono istinti squisitamente animali, ma non amara, poiché l’amarezza deriva da una comprensione profonda della realtà.
Harriett è una donna americana di grande spessore, di carattere, un’intellettuale, una donna forte, una donna sexy. Intelligenza e sensualità scaturiscono da ogni sua frase. Da ogni suo gesto. Invece, abbiamo visto, la madre italoamericana rischia sempre di apparire ottusa, nonché per nulla attraente. Ma, attenzione: nel suo ruolo di madre ha successo, laddove Harriett fallisce. La madre italoamericana, anche quando i figli crescono e invecchiano, conserva il loro rispetto e affetto, oltre a mantenere intatto il suo antico ed essenziale privilegio: nutrirli. E nutrendoli, tiene unita la sua famiglia – il ruolo del cibo come collante e opportunità quotidiana d’incontrarsi non va mai sottovalutato nell’analisi della famiglia italoamericana. Non si tratta di folklore, in quanto “eating is meeting”:
La cucina: il vero regno di mia madre, l’antro caldo della strega buona sprofondato nella terra desolata della solitudine, con pentole piene di dolci intingoli che ribollivano sul fuoco, una caverna d’erbe magiche, rosmarino e timo e salvia e origano, balsami di loto che recavano sanità ai lunatici, pace ai tormentati, letizia ai disperati. Un piccolo mondo venti-per-venti: l’altare erano i fornelli, il cerchio magico una tovaglia a quadretti dove i figli si nutrivano, quei vecchi bambini richiamati ai propri inizi, col sapore del latte di mamma che ancora ne pervadeva i ricordi, e il suo profumo nelle narici, gli occhi luccicanti, e il mondo cattivo che si perdeva in lontananza mentre la vecchia madre-strega proteggeva la sua covata dai lupi di fuori. (Fante 1999: 64)
Ma Harriett, ahimè, non ha lo stesso successo: “Si avvicinò alla cucina e aprì il forno dove le lasagne ribollivano in una fragranza piccante di erbe e salsa di pomodoro. Girò le verdure e mescolò l’insalata con un cucchiaio di legno. Doveva essere una di quelle volte in cui l’intera famiglia si sarebbe riunita per cena, incluso Rick Colp”. (Fante 1997: 62)
Ma l’intera famiglia non sembra interessata. Harriett ed Henry guardano l’orologio al muro, sorseggiano il vino “silenziosi e pessimisti” e attendono che il telefono squilli, che i figli avvertano che sono in ritardo o che non sarebbero venuti, come al solito. I figli arrivano, tardi, con una manciata di novità sgradevoli, e svaniscono immediatamente. Henry è quasi patetico nel cercare di richiamarli indietro:
“Venite a cena!” li chiamai.
Mi fissarono in silenzio.
“Non abbiamo fame,” disse Jamie.
“Fa troppo caldo per mangiare,” aggiunse Danny.
“Andiamo alla spiaggia,” disse Dominic. “Mangiamo dopo.”
“Non potete farlo,” gridai. “È tutto pronto.”
Si allontanarono nell’oscurità e giù per la strada verso i cancelli della spiaggia.
(Fante 1997: 69)
Harriett somiglia a una tigre stanca e il suo voltare le spalle alla fine del romanzo è emblematico della sua stanchezza e della sua amarezza.
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