Tra umorismo e satira: donne americane e donne italoamericane nella narrativa di John Fante
Certo queste superstizioni facevano parte del mondo italoamericano e del mondo italiano (e parzialmente ne fanno ancora parte) e la descrizione fa sorridere, come del resto fa sorridere l’intera satira che Fante fa della sua gente nell’arco del romanzo: non è certo una satira cattiva. Ma forse proprio questo è il punto. Se fosse vera satira, aggressiva, infastidirebbe meno: invece Fante ridicolizza bonariamente l’italoamericano al fine di rassicurare il lettore americano sulla sua stessa identità e rincuorarlo su questi “stranieri”: sono un po’ strani ma in fondo carini, sembra che dica. E lo dice cancellando completamente quelli che sono gli aspetti meno folklorici dell’essere italoamericano.
Almeno in Full of life madre e padre son dipinti entrambi a tinte ridicole (e comunque al padre viene concessa una venatura tragica in un paio di dialoghi, la madre è ridicola tout court). Ma Full of life rappresenta un unicum nella produzione di Fante, come abbiamo detto, in cui l’umorismo pirandelliano viene completamente eliminato. Negli altri romanzi, invece, appare evidente quest’aspetto: l’uso dell’umorismo nella descrizione degli Italoamericani maschi; l’uso della satira nella descrizione delle donne italoamericane. Più specificatamente, umorismo nella descrizione del padre, satira nella descrizione della madre. Abbiamo letto la descrizione della madre in Aspetta primavera, Bandini, vediamo ora come viene descritto il padre, Svevo, nell’apertura del testo: “Avanzava, scalciando la neve profonda. Era un uomo disgustato. Si chiamava Svevo Bandini e abitava in quella strada, tre isolati più avanti. Aveva freddo, e le scarpe sfondate. Quella mattina le aveva rattoppate con dei pezzi di cartone di una scatola di pasta. Pasta che non era stata pagata”. (Fante 1998: 11)
In questo uomo vigoroso e furente che scalcia la neve come un bambino arrabbiato con gli elementi naturali, c’è qualcosa di comico e tragico al contempo. Le scarpe rattoppate con “dei pezzi di cartone di una scatola di pasta” (dettaglio etnico) sono qualcosa di tragico ma anche di buffo. E ancora: “Ogni volta che Svevo faceva scricchiolare il pavimento della veranda la casa gli diceva, sfacciata: non sono tua, Svevo Bandini, e non lo sarò mai”(Fante 1998: 14). Fa sorridere che l’ossessione e il terrore di Svevo di non riuscire mai a pagare la casa siano espressi dalla casa stessa, acidamente. Ma il meccanismo umoristico fa sì che riflettiamo sulla connotazione etnica nascosta in questa breve scena, su quella sfumatura metaforica che ce la rende di significato più ampio: la voce che Svevo sente non è tanto quella della casa quanto quella dell’America stessa, sfacciata, che gli dice che non sarà mai sua. È questa infatti la vera ossessione di Svevo (e di Arturo), l’essenza stessa dell’intero romanzo, il desiderio feroce di Svevo e del figlio Arturo d’essere considerati Americani e di possedere quell’America tanto agognata e il terrore che questo non accadrà mai.
Arturo e il padre sono personaggi psicologicamente complicati: Maria Bandini, invece, molto meno. La psicologia della madre è definita in modo piuttosto semplice: ama il marito e quando questi la tradirà avrà una reazione appassionata financo eccessiva, per poi alla fine accettarlo nuovamente a casa e, supponiamo, amarlo come prima. La madre subisce sempre, è quello che è, coi suoi rosari e la sua cucina, e conduce Fante ad indulgere nella caricaturizzazione, fino ai limiti della satira. Il che conduce a questa considerazione: nei romanzi di Fante il padre è una figura tragica, la madre è una figura ridicola. L’umorismo fa in modo che ciò che viene espresso (dai personaggi, specie dal narratore) sia carico di ambiguità e diventi materia d’interpretazione. Adoperando l’umorismo, l’autore non cerca la complicità del pubblico, poiché non ha una verità da imporre e da condividere con il pubblico. La satira è invece, come abbiamo visto, una forma di attacco diretto da parte di un soggetto (l’autore in questo caso) nei confronti di un dato aspetto dell’oggetto (l’italoamericanità dei suoi personaggi in questo caso) al fine di conquistarsi i favori del pubblico. Fante spesso satirizza l’italianità assecondando i pregiudizi del suo pubblico americano, per lusingarlo e conquistarlo. Ma la cosa interessante è che la vittima della satira etnica di Fante è quasi sempre la donna e specificatamente la madre: sia nei romanzi che nei racconti lo scrittore amplifica lo stereotipo della madre italiana tutta chiesa&cucina, morbosamente bigotta e preoccupata solamente di nutrire i figli, prematuramente invecchiata e soggiogata al marito.
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