Il Wilhelm Meister della «Voce» nel cantiere del romanzo italiano

4. La polemica contro Domenico Ciampoli

Questo percorso da germanisti „accreditati“ ci permette di capire più chiaramente il senso della polemica che nel 1913 Spaini innesca, dalle pagine della «Voce», contro il traduttore Domenico Ciampoli [9], che l'anno precedente aveva curato la ristampa della traduzione ottocentesca del Meister. L'opera, intitolata Gli anni di noviziato di Guglielmo Meister e attribuita a Giovanni Berchet, traduceva in realtà una imitation francese del romanzo, vera e propria riscrittura piena di «amputazioni, fusioni e aggiunte» (Spaini 1913). Traducendo direttamente dal tedesco, Spaini ha buon gioco a screditare Ciampoli elencando interi passi della versione italiana che non hanno riscontro alcuno nell'originale goethiano, e negando con ciò qualsiasi interesse dell'opera per il lettore contemporaneo. Spaini arriva anche a mettere in dubbio che un tale pasticcio possa essere davvero opera di Berchet, il quale aveva dato prova di molta maggiore accuratezza traducendo in italiano la Lenore e il Wilde Jäger di Bürger: «non vorrei» scrive al termine della sua recensione «che oltre la cattiva e inutile idea di ristampare questo libro il signor Ciàmpoli abbia avuto la disgrazia di prendere questo granchio così madornale» (ivi).

La conferma non tarda ad arrivare. Due mesi dopo la «Voce» ospita un secondo intervento dedicato al Meister “di Berchet” a firma di Lavinia Mazzucchetti, brillante germanista appena laureatasi a Milano con una tesi su Schiller in Italia [10]. L'approfondita conoscenza filologica che Mazzucchetti ha dell'Ottocento lombardo le permette di contestare incontrovertibilmente l'attribuzione dell'opera a Berchet, e di criticare la faciloneria non solo del curatore, ma anche dell'«intraprendente 'Verleger' di Lanciano», Gino Carabba [11], colpevole di averne avallato troppo frettolosamente la pubblicazione (Mazzucchetti 1913b). L'edizione viene dunque affossata all'unisono dai due giovani traduttori-studiosi, che non si conoscono di persona ma condividono una formazione comune e, soprattutto, una posizione analoga all'interno del campo letterario italiano. Rimarcando la propria distanza da intellettuali come Ciampoli, considerato la personificazione stessa di una visione superficiale e ormai antiquata della letteratura, Spaini e Mazzucchetti contribuiscono a far sì che il Wilhelm Meister diventi, oltre che un primo passo verso la rivalutazione del romanzo come genere chiave della modernità, anche un punto di svolta nell'affermazione di una nuova figura di traduttore – un traduttore non più soltanto letterato, ma specialista di una data lingua e cultura.

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