Per uno studio delle interferenze tra letterature.
III. Italo Tavolato mediatore di letteratura di lingua tedesca su “L’Anima” e “La Voce”
III.1 “L’Anima”
[“L’Anima”] Ma veniamo a Tavolato, che – come ricorda Prezzolini – aggiorna le riviste fiorentine sulla letteratura germanofona di quegli anni (“Qualche novità portò Italo Tavolato, giovane triestino al corrente della letteratura contemporanea tedesca, che era mancata interamente nei primi anni de La Voce”, cfr. Prezzolini 1974, 192). Nato a Trieste nel 1889 da Pietro Tavolato ed Eugenia Carabelli, trascorre l’infanzia e la prima giovinezza in quella stessa città e in seguito si sposta a Vienna dove frequenta l’università. Dopo la morte del padre si trasferisce con la madre a Firenze e si iscrive a Filosofia; nel frattempo cerca di guadagnarsi da vivere sfruttando la sua perfetta conoscenza del tedesco. I primi scritti di Tavolato appaiono su “L’Anima”, la rivista di Papini e Amendola. Nel 1911 pubblica un breve saggio su Karl Kraus, presentato come uno scrittore che difende “sesso e genio” contro l’“intellettualismo, la democrazia, la massa” (“L’Anima”, I.6, giugno 1911, 184-188). Kraus è per Tavolato l’emblema di un intellettuale anticonformista, elitario e coraggiosamente indipendente, il cui valore non è ancora pienamente riconosciuto (“Tutti lo leggono; nessuno ne parla”, ibidem).
III.2. “La Voce”
[“La Voce”: adozione di posizioni krausiane] Tra il 1912 e il 1913 Tavolato collabora a “La Voce” scrivendo di temi legati alla cultura di lingua tedesca e operando sulla falsariga krausiana: krausiani sono gli argomenti – scrive su Maximilian Harden e il giornalismo, su Otto Weininger e il concetto di morale, sul teatro di Wedekind e sulla questione sessuale – ma krausiane sono anche le posizioni, compresi i giudizi sui letterati o sulle riviste di lingua tedesca, di cui offre un panorama dettagliato in quattro interventi (“La Voce”, IV.23, 6 giugno 1912, 830; IV.52, 26 dicembre 1912, 979-980; V.5, 30 gennaio 1913, 1003-1004; V.10, 6 marzo 1913, 1031).
Come Kraus, Tavolato avversa Schnitzler e gli interventi di Salten e Bahr sulla “Neue Rundschau”; critica Harden e “Die Zukunft”; attacca “Die Tat” di Horneffer e Hoffmann, “carta petulante” di un “sarto spirituale” che preconizza al mondo un avvenire “pangermanico”. Preferisce invece “Der Brenner”, la rivista animata da Carl Dallago, non a caso apertamente filokrausiana. Per la “Fackel”, naturalmente, le lodi non mancano.
[Manipulation della postura krausiana/1. Il futurismo]. D’altra parte, mimare il modello autoriale krausiano in Italia non è una scelta scevra da difficoltà e rende necessario alcune operazioni di manipulation (cfr. Hermans 1985). Nel 1912, presentando al pubblico della “Voce” la rivista “Der Sturm”, Tavolato ha gioco facile a criticarne l’apertura al futurismo, poiché lo scetticismo nei confronti di Marinetti caratterizza sia Prezzolini sia Kraus (quest’ultimo riteneva il futuro dei futuristi un imperfetto esatto, cfr. “Die Fackel” 406-412, 1915, 124-5). Gli affondi contro il futurismo e i suoi sostenitori europei risultano più difficili da ripetere, però, all’altezza del gennaio 1913, quando Tavolato, pur scrivendo ancora per “La Voce”, ha già seguito Papini nell’avventura di “Lacerba”, rivista notoriamente amica di Marinetti, il quale tra l’altro contribuiva al suo finanziamento.
Tavolato – costretto a inseguire una impossibile quadratura del cerchio tra Kraus, Papini e quello che egli stesso aveva detto qualche mese prima – decide di posizionarsi sulla linea di Papini, e scrive: “Tutti coloro che non sono i nonni di se medesimi dovrebbero considerare lo Sturm portavoce di ciò che è sveglio e combattivo in Germania e fuori” (“La Voce”, IV.23, 6 giugno 1912, 830). L’alleanza di “Der Sturm” col futurismo, insomma, non è più ragione di demerito, anzi è diventata addirittura motivo di apprezzamento. In quelle stesse settimane Papini affida a Tavolato l’intera prima pagina del secondo numero di “Lacerba” (gliene delegherà addirittura la direzione quando si sposterà per qualche mese a Parigi).
[Manipulation della postura krausiana/2. Otto Weininger] Un altro aspetto della postura krausiana che Tavolato si trova a dover modificare quando la importa a Firenze è l’opinione su Otto Weininger. Nel 1912 Tavolato recensisce sulla “Voce” (IV.44, 31 ottobre 1912, 924-925) la traduzione italiana di Geschlecht und Charakter ad opera di Giulio Fenoglio, pubblicata qualche mese prima a Torino da Bocca (che aveva anche dato alle stampe anche Nietzsche), e la stronca per via delle numerose imprecisioni.
Otto Weininger, Geschlecht und Charakter, Baumüller, Vienna 1903; trad. it. di Giulio Fenoglio, Sesso e carattere, Bocca, Torino 1912
Al contempo, però, Tavolato esalta l’opera di Weininger definendola “il più bel libro che dopo Nietzsche sia stato pubblicato in un paese tedesco” (ibidem). Si tratta di una frase che Kraus non avrebbe sottoscritto, o quantomeno non a cuor leggero, per via delle sue riserve parziali verso Weininger e ampie verso Nietzsche (cfr. Wagner 1982).
Tavolato, qui, sta rimodellando Kraus per renderlo compatibile col suo mentore, Papini. A definirsi weiningeriano, e già nel 1910, era stato infatti l’allora direttore dell’”Anima”, come si legge nel saggio Miele e pietra (“La Voce”, II.12, 11 agosto 1910; lodi a Weininger erano giunte anche da Campana, Cardarelli, Saba, su questo cfr. Cavaglion 1982).
[Critiche a Wedekind da posizioni papiniane-weiningeriane] È da questa prospettiva – palesemente krausiana ma ove necessario smussata per accordarla a Papini e agli autori da lui apprezzati – che Tavolato guarda alle novità della letteratura tedesca. Un esempio eclatante è la recensione ai drammi di Wedekind, autore che Kraus amava molto. Tavolato invece lo biasima apertamente, poiché non vi ritrova il conflitto tra sessualità ed erotismo (inteso come amore platonico) esaltato dalla teoria di Weininger. In Wedekind tutto è sessualità; ciò è per Tavolato motivo di disprezzo tanto quanto per Kraus è ragione d’entusiasmo. Tutto sommato si può affermare che Tavolato riprende Kraus, seppur solo nella misura in cui ciò non urta le idee di Papini o degli autori da lui amati, come appunto Weininger.
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