Il Wilhelm Meister della «Voce» nel cantiere del romanzo italiano
3. «Spa» e «la P.», due traduttori di nuova generazione
Il viaggio di Wilhelm – che è un viaggio esteriore, nella realtà, molto più che un viaggio interiore dello spirito – si presenta allora ai traduttori sotto forma di problemi architettonici e stilistici da risolvere. Prima di addentrarci nel testo, diciamo ancora qualcosa sui protagonisti di questa storia – Scipio Slataper, Alberto Spaini e Rosina Pisaneschi, qui ritratti in una foto del 1910 scattata da Prezzolini sul Secchieta.
Slataper, che con i Quaderni della Voce pubblicherà di lì a poco Il mio Carso (1912), è il maggiore dei tre studenti, fidatissimo collaboratore di Prezzolini al punto, come si sa, di prendere interamente su di sé le sorti della rivista per un breve periodo. Triestino come Slataper, Spaini fa parte di quella generazione di intellettuali “di frontiera” che negli anni dieci calano in Italia dai confini dell'impero austroungarico, portando in dote una conoscenza della letteratura in lingua tedesca ignota ai loro coetanei fiorentini, unita al desiderio di affermarsi nella “patria” della cultura italiana (cfr. Ara-Magris 1982, Harrison 1996, Lunzer 2002). Come Slataper, dunque – ma anche come Italo Tavolato, i fratelli Stuparich, e come Carlo Michelstadter prima di loro –, Spaini frequenta l'Istituto di Studi Superiori di Firenze, dove segue sia corsi di letteratura italiana che di lingua tedesca (cfr. Galinetto 1995, Vittoria 1997). Qui conosce Rosina Pisaneschi, senese, di un paio d'anni più grande di lui: entrambi diventano assidui collaboratori della «Voce», sebbene il loro lavoro sia quello più anonimo di chi, pur essendo sempre presente, raramente finisce sotto le luci della ribalta. «Essere “vociani”» dirà infatti Spaini molti anni dopo ripensando a quell'esperienza, «non voleva dire scrivere grandi articoloni: Arturo Mugnoz, Biagio Marin [...] non hanno mai scritto sulla Voce, almeno in quegli anni; [...] ma aiutare Prezzolini a correggere le bozze, Slataper a rispondere alla corrispondenza più urgente, Jahier a mettere ordine negli scaffali della libreria, ci sembrava che fosse il giusto obbligo dei nostri poveri mezzi, per questa impresa di cui eravamo innamorati. [...] Qualcosa cui Goethe aveva pensato quando scrisse il Wilhelm Meister e compose quell'inno il quale incomincia: “Attivo sia l'uomo, comprensivo e buono”» (Spaini 1963, p. 152).
Nei mesi seguenti Spaini e Pisaneschi si fidanzano, dando inizio a una duratura relazione sentimentale e professionale. Il lavoro di traduzione del Meister inizia nell'autunno del 1911; Rosina è a Berlino, e riceve da Spaini una lapidaria comunicazione previa cartolina: «Comprami i Lehrjahre W.M. di Goethe – ed. Reclams, Klassiker Ausgaben – costa 90 pfennig» [8]. Il Meister sarà il primo di una lunga serie di classici tedeschi che «Spa» e «la P.» (così i due si apostrofano scherzosamente nel carteggio) tradurranno insieme, affermandosi, soprattutto nei primi anni di attività, come due dei più affidabili mediatori della cultura tedesca in Italia. Entrambi sono infatti da annoverare anche tra i primi laureati in germanistica, materia appena istituita come insegnamento universitario strutturato. È probabilmente per seguire questo specifico corso di studi che nello stesso 1911 i due si trasferiscono alla Sapienza di Roma, dove la cattedra di letteratura tedesca è stata appena affidata a Giuseppe Antonio Borgese, con il quale discuteranno tre anni dopo le loro tesi di laurea.
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